Le Poesie di Walter

Il pecorino infossato

Da un’antica tradizione Umbro-Etrusca,
da un’antica ricetta del caglio fatto con erbe aromatiche
tramandataci dalla notte dei tempi sino ai nostri giorni, dal latte di
pecore pascolate in alta collina ove vivevano le antiche civiltà.
Ed ora crescono ancora incontaminati pascoli, dove nascono
molteplici erbe concimate e rigenerate con lo sterco di chi
quella abbondante pastura si nutre.
Ma che armonia di profumi si sente dalle nostre parti, rallegrati
dal cinguettio degli uccelli, dal cantico del cucco e delle cicale che
annunciano la primavera, dal belar dei greggi che sembran
ringraziare il Signore dell’abbondante cibo che posson pasturare,
dall’abbaiar dei cani che avvisano il pastore all’arrivo degli ovini da
mungere per poi portare il latte buono nel nostro Caseificio che, con
tecniche antiche viene si trasformato in formaggio.
Il pecorino viene poi sistemato in ambienti freschi ad avvenuta
stagionatura con l’apparir delle prime muffe bianche viene infossato
in sacchi di lino e sistemato in ambienti freschi chiusi ermeticamente
per far sviluppare una fermentazione in grado di far accrescere una
molteplicità di soavi profumi e sapori che puoi sentire nella
degustazione di questo antico formaggio.
Assaggialo e rimarrai incantato dalla delicatezza di questo prodotto.
Degustandolo la tua mente di porterà indietro nel ricordo di quelle
antiche civiltà che popolavano le nostre parti ed è grazie a loro che è
stato possibile rifare questo straordinario prodotto che sa d’antico.

‘L formaggio al tartufo

D’improvviso all’alba un fulmine cadde
e cosa mi apparve, un immagine sacra
mi disse: “ Facchini tu non devi fare il perito
o il calciatore o il lavoro d’ufficio
il divino t’ha dato mani fatate”.
Pensai, son già ricco, il medico fo
e lui leggendomi in viso, “cosa hai capito,
il formaggio hai da fare,
nella zona di Gubbio il divino vi ha dato
prati stellari i pastori son sardi e son già lì,
immense sterpaglie e sotto c’è l’oro,
il suo nome è tartufo di quello buono”.
Il formaggio ho da fare, e come si fa,
ho studiato transistor computer e ahi fa.
“Vai, ho parlato” e lui sparì
il formaggio al tartufo è nato quel dì,
il fulmine cadde un immagine apparve
il Divino lo sa,
il formaggio al tartufo è …
na grande bontà !
Gubbio, 16 Luglio 1976

‘L pecorino è na gran cosa

Da n’antica ricetta de mi nonna
ho arfatto el pecorino de na volta
ne poi mangià na gran quantità
che ‘nte fa male
né te fa ‘ngrassà.
Se l’gratti su li maccheroni
è mejo del tartufo più pregiato,
anche se né tanto stagionato.
L’omini me pargon leoni
ta le donne l’occhiolino je fa fa
e nte ‘na notte i fii fa aumentà.
I ingredienti sono:
latte de pecora d’alta collina,
l’caio d’agnello nostrale,
sale e na gran cura
nte la stagionatura.
Gubbio, 18 Novembre 1984

La gente che vene da fori

Un giorno me ne stavo lì a pensare,
che ‘na macchina da fori vidi arrivare,
era ‘na famigliola de città
‘n babo, ‘na mamma e tre figli d’arlevà.
Appena scesi, se so stirati
e ‘n camminandosi me pareon n’briachi
dissero tra loro: “senti che arietta
che ‘sti burini han da respirare,
n’è come la nostra ch’è ‘mperfetta
piena de smog e fumo, pare ‘na fetta.
N’avranno ‘na lira ma che ci vuoi fare
stasera fanno festa, e manco ce fan pagare”.
Je risposi io in romanesco:
“Stasera è festa, per te nò la facciamo
perché sete scappati da la galera,
apposta famo festa questa sera,
è la festa del Maggio e nun se paga
se magna, se balla, se beve n’quantità
perché sapemo che quando a n’carcerato
je danno ‘l via pe la libertà
lui è scannato e n’c’ha ‘n soldo per pagà.
Allora noi che semo dei burini
e c’hanno ‘mparato la compassione
tutte le volte cojemo l’occasione,
famo le feste e nun famo pagà”.

Sigillo, 20 Maggio 1992

L’aria de Monte Cucco

L’altra sera semo andati su da Brando
eramo quattro o cinque e n’vagabondo.
C’erano de fori, un po’ de Roma
che ce l’avevano coi sigillani.
Han detto che per venì a mò de monte
sembra che l’Comune vole fa pagà la tangente,
l’peggio è per voi albergatori
che i turisti n’vengano più da fori.
L’vagabondo te se mise a guardare
sti villeggianti con ‘na faccia n’pò scura,
ce domandammo, amò che vorrà fare
e n’conoscendolo, ce mise paura.
Un gran respiro e disse, che freschezza
che se respira qui a Monte Cucco,
voi che state a Roma, non fiatate
che stà bon aria qui, ce n’quinate,
io per venì a Roma a respirare
tutto l’inquinamento che c’avete
sull’autostrada m’han fatto pagare
ed ho pagato per sentimme male.
Sete arrivati, erate pallidini
ete magnato, buto e sete felini,
che l’sangue vostro s’è già rigenerato
da la bon’aria ch’ete respirato.

Gubbio, 08 Febbraio 1994

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