Walter Facchini

Cappellaccio perennemente in testa, variopinta t-shirt inneggiante a Che Guevara, gilet sbottonato e brache comode e larghe. E un costante accenno di sorriso sul volto, a illuminare due occhietti svelti e furbissimi.

Stiamo parlando di Walter Facchini, produttore e ambasciatore di quello che lui chiama il pecorino umbro-etrusco: un’autentica delizia gastronomica della zona del Parco del Monte Cucco, là dove Umbria e Marche confondono i loro splendidi contrafforti montani in un intreccio di cupe gole e di verdi vallate. In quelle contrade la pastorizia è di casa dalla più remota antichità.

di Piero Valdiserra

Qualcuno volò sul nido del Cucco

Un uomo magico, osteggiato dalle ASL e ora premiato come miglior casaro dell’anno! Dal Monte Cucco il racconto della battaglia di Walter “Facchini El Che” per la difesa dei sapori genuini. – di Gianluigi Veronesi, settembre 2011

Lui è volato sul nido del Cucco. Sì, su quel Monte Cucco dove sembra che la natura si sia fermata, dove l’ambiente è magia e sei obbligato a chiudere gli occhi e a pensare a Francesco d’Assisi anche se sei nei pressi di Gubbio. E lì, sul Monte Cucco, precisamente a Sigillo, egli combatte una quotidiana lotta fra il sapere e l’ignoranza, quella di chi non lo sopporta o lo vorrebbe veder scomparire.

L’incontro con un “uomo grande” ci fa un po’ paura e lo stesso accade quando incontriamo un “grande uomo”. Non più in questo secondo caso, per la sua grandezza, bensì per la statura: sì, la statura morale, intellettuale e sentimentale spesso ci fa paura, perché a volte chi ha il coraggio di esprimersi e palesare pubblicamente queste virtù è poi costretto a vivere come un disagiato e a subire tante frustrazioni.

Credo che Walter Facchini di Sigillo quindi rientri nella seconda ipotesi, quella di un grande uomo, forse il più autentico che io abbia mai conosciuto. Egli lotta per la difesa dei sapori, dei profumi, degli aromi e quindi della genuinità non solo dei formaggi che produce lui, ma anche di quelli che producono gli altri. Lotta per tutti noi, affinché non si perda il nostro patrimonio di tradizioni casearie. “L’importante è che si conduca una battaglia a difesa della naturalità del formaggio, dell’assenza di additivi chimici al suo interno ed esterno, nel pieno rispetto delle tradizioni, come quella umbro-etrusca a cui io appartengo”, spiega Walter Facchini ai microfoni Rai che il 23 luglio scorso erano presenti al convegno promosso dal Parco Tecnologico dell’Umbria in quel di Sigillo (PG).

Le sue parole devono farci riflettere e, con qualche ricerca sul web, imparo subito che tanti bambini soffrono di intolleranza presunta ai formaggi, salvo poi, ad un esame più approfondito, accorgersi che l’intolleranza non è verso il formaggio, ma generata dagli additivi chimici che in esso vengono inoculati dall’industria (e non dai piccoli casari) per esaudire le imposizioni di burocrati legislatori quali di formaggio non sanno assolutamente nulla e contribuiscono a distruggere, giorno dopo giorno, il vero patrimonio delle nostre radici agricole e silvo/pastorali. E Facchini si ribella, lotta, con tutte le forze… ma spesso lo fa da solo, non trova quell’appoggio necessario ad essere difeso, tutelato.

Oggi grazie a Dio non è solo la Rai ad accorgersi di lui, infatti ha tanti nuovi amici e sostenitori: ormai i giornalisti enogastronomici non solo italiani lo hanno preso a cuore, capendo il suo urlo di dolore, pronti a replicarlo. Per capire bene quanto male ci facciamo noi italiani, anche quando non sarebbe necessario, è bene riprendere un passaggio del Presidente Charles De Gaulle (1890 1970- presidente della Quinta Repubblica) il quale affermava: “Come si può governare una nazione che ha più formaggi dei giorni nel calendario?” La sua frase fece scalpore ed evidentemente lo stesso De Gaulle pensò di sincerarsi meglio di quanto aveva detto, tanto che pronunciandola nuovamente, nel 1962 (e ripresa poi da un celebre articolo di Newsweek), De Gaulle fu molto più preciso e disse: “Come si può governare una nazione in cui si producono 246 tipi diversi di formaggio?” Cosa avrebbe detto allora, riguardo all’Italia che ne ha addirittura più di 400?! Di certo si sarebbe arreso e sarebbe emigrato. E chissà cosa sarebbe successo se lui, De Gaulle, si fosse imbattuto in quello che è stato definito “il casaro magico”, Walter Facchini, ribattezzato “Facchini El Che” vista la profonda ispirazione alle cose positive fatte da Che Guevara.

Per me invece è “Facchini l’inventore”, mi ha fatto assaggiare due creazioni casearie gustose ed immense: un formaggio realizzato con la birra, ottimo specie se abbinato a quest’ultima e il “peconzola”, un formaggio il cui nome parla chiaro e di cui non vi dico nulla perché dovete essere voi ad assaggiarlo. Senza mai dimenticare il suo pezzo forte, il pecorino stagionato in fossa secondo la tradizione umbro-etrusca.

E mentre le ASL si sono accanite con quest’uomo, in Francia gli avrebbero già fatto un monumento proprio come ha affermato Fabio Bassi, Presidente dell’Accademia della Muffa Nobile ricordando che “è incredibile trovare un uomo come Walter Facchini e il suo impegno quotidiano dovrebbe essere premiato perché ci consegna formaggi unici al mondo con una qualità insuperabile. Per questo, in attesa che le istituzioni si accorgano del valore di questo signore, che porta vantaggio a tutta la sua comunità e al popolo italiano, siamo proprio noi con la nostra accademia a conferire il premio di miglior casaro dell’anno, stra meritato!”. Sia chiaro: il caseificio di Facchini non è mica un luogo di rivolta, anzi, le uniche rivolte le fanno le muffe e i miceti, quelli veri, che aiutano Walter a consegnarci un grande formaggio, vero, sano e genuino, come difficilmente si può trovare altrove.

Se passate da Sigillo, sulla vecchia via Flamina che congiunge Fano a Roma (ma io vi consiglio di andarci apposta) troverete un tempio di formaggi autentici con tanto di bottega enogastronomica curata dalla moglie di Walter insieme ai figli che non lesina in fatto di assaggi e degustazioni. Provare per credere.

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